La Costituzione definisce che i principi cui deve ispirarsi l’amministrazione pubblica sono i seguenti:
- Legalità,
- Buon andamento,
- Imparzialità,
- Ragionevolezza,
- Pubblicità e trasparenza.
Alla luce di codesti principi, l’amministrazione pubblica dovrebbe operare nel rispetto dei criteri, delle modalità e del limite di esercizio di poteri individuati dal legislatore e finalizzare la propria azione alla valorizzazione della legalità in senso sostanziale, per meglio presidiare la dialettica autorità – libertà.
Con il principio del buon andamento si richiamano una serie di parametri cui l’amministrazione pubblica deve uniformare l’attività: economicità, efficacia, efficienza. L’amministrazione pubblica deve, infatti, ottimizzare i risultati in relazione ai mezzi a disposizione, impegnarsi per perseguire gli obiettivi prefissatisi, investire adeguatamente le risorse per gli obiettivi da conseguire.
Il principio di imparzialità riguarda in particolare l’attività amministrativa ed impone un’equidistanza rispetto ai soggetti con cui la stessa entra in contatto, l’obbligo di ponderare tutti gli interessi coinvolti, in modo da vietare favoritismi ed astenersi da comportamenti che possano compromettere una corretta valutazione.
In linea con tale principio è quello di ragionevolezza che impone una razionalità operativa nello svolgimento dell’azione, per evitare arbitrarietà nelle decisioni, bensì corrispondenza tra azione e fini ispiratori, coerenza nelle decisioni e con i presupposti assunti, logicità e proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini.
Infine, con la pubblicità e la trasparenza, la Costituzione ha inteso richiamare l’amministrazione pubblica alla visibilità e pubblicità dell’azione amministrativa, in modo da poterla controllare anche dall’esterno. Questo consente anche ai cittadini di accedere ai documenti amministrativi, di vedere motivati gli atti amministrativi e gli istituti di partecipazione al processo amministrativo. La nozione di trasparenza è stata oggetto di una certa significativa evoluzione nel corso degli anni, dalla legge n. 241 del 1990, passando attraverso il d.lgs. n. 150 del 2009, alla legge n. 190 del 2012, per arrivare al decreto n. 33 del 2003 che introduce l’istituto dell’accesso civico, rivedendo l’impostazione da un bisogno di conoscere ad un diritto di conoscere, che quindi impone all’amministrazione pubblica la pubblicazione di determinate informazioni sui propri siti web e di rispondere alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati.
In particolare dal principio di buon andamento possiamo far discendere i processi di semplificazione più volte messi in campo e rivisti, volti a raggiungere le finalità pubbliche attraverso percorsi che risparmino l’attività amministrativa e non la complichino. Purtroppo, gli svariati tentativi di snellimento dell’apparato burocratico pubblico hanno sempre faticato a decollare e la scuola ne è, purtroppo, un esempio concreto.
La gestione amministrativa ed organizzativa della scuola è pesante e le procedure utilizzate sono ridondanti, tanto da complicare inutilmente ogni azione con l’eccessiva richiesta di documenti e autocertificazioni già in possesso dell’amministrazione medesima e desumibili dalle piattaforme in uso alle segreterie come il sistema Sidi.
Nel corso degli anni, i tentativi di snellire la macchina burocratica della pubblica amministrazione hanno messo in cantiere diversi strumenti utili: la conferenza dei servizi, gli accordi tra amministrazioni pubbliche finalizzate a realizzare iniziative di interesse pubblico, lo strumento del cosiddetto silenzio devolutivo, l’autocertificazione sostitutiva dei certificati della medesima amministrazione pubblica, il silenzio assenso, i supporti informatici specifici per il settore scuola come istanze on line e sidi,…
Tuttavia, il peso della burocrazia nell’amministrazione pubblica e nella scuola rimane uno degli ostacoli al loro buon funzionamento, in contrasto con quanto prescritto dalla Costituzione, come precedentemente analizzato. Un’autentica semplificazione potrebbe consistere nel non dover più dichiarare le medesime situazioni contrattuali personali in ogni fase della carriera, dall’ingresso nelle graduatorie per le supplenze alla domanda per l’uscita pensionistica. Grazie al supporto informatico della piattaforma Sidi, basterebbe semplicemente aggiornare le situazioni nuove o modificate: questo consentirebbe un notevole snellimento del lavoro delle segreterie, delle operazione amministrative ed organizzative delle scuole e del personale, una notevole riduzione dei contenziosi ed una riduzione del rischio di errore.
Le pratiche gestite dalla e con la scuola sono tutt’altro che semplificate e dematerializzate. La stessa autocertificazione funzionale alla presentazione di alcune procedure come la mobilità, l’aggiornamento delle graduatorie,… è ridondante e carica di documentazione a supporto di quanto dichiarato. Perché non sostituire queste complicate dichiarazione con un’unica snella autocertificazione supportata solo da indicazioni precise che mettano in condizione l’amministrazione di verificarne la veridicità e fondatezza? Anziché dover, ad esempio, completare la domanda di trasferimento ed accompagnare la stessa con documenti di autocertificazione che attestino quanto dichiarato nella domanda, basterebbe considerare la stessa come autocertificazione e richiesta, indirizzando alla verifica sul supporto sidi e sullo stato matricolare del personale le condizioni dichiarate.
Anziché, in occasione della riapertura delle graduatorie, prescrivere la ridichiarazione di tutti i servizi prestati nella propria carriera, non basterebbe aggiornare solo gli anni di distanza dall’ultima riapertura?
La natura e lo scopo con cui è stata introdotta l’autocertificazione è, infatti, quella di sostituire i certificati senza la necessità di presentare la documentazione a supporto. La pubblica amministrazione ha l’obbligo di accettare l’autocertificazione, riservandosi la possibilità di controllo e verifica in caso di sussistenza di ragionevoli dubbi sulla veridicità del loro contenuto.
Sfruttarne pienamente le potenzialità sarebbe sicuramente un grande passo in avanti.
Lo strumento della conferenza di servizio che abbiamo visto essere stato introdotto con il processo di decentramento necessiterebbe di procedure più rapide e più snelle per evitare il dilungarsi dei tempi decisionali e rendere efficienti i momenti di confronto tra scuole, amministrazione scolastica e forze sociali.
Nel caso specifico del settore scuola l’eccessiva burocrazia ha rallentato e, spesso, ostacolato l’esercizio pieno dell’autonomia funzionale, indispensabile a riconoscere il ruolo della scuola nel territorio di appartenenza. Ora non è più rinviabile un reale, esigibile ed efficace percorso di semplificazione che permetta anche di risparmiare tempo, risorse ed evitare errori e contenziosi.
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