Approfondiamo nel dettaglio una delle azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale: il BYOD.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale discende, a sua volta, dalla riforma della Buona scuola, una riforma complessiva che ha cercato di dare piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche.

La Buona scuola è entrata ufficialmente in vigore nel 2015 con la legge n. 107 e si tratta di un un testo piuttosto complesso, composto, infatti, da un solo articolo e ben 212 commi.
Entriamo nel vivo di questa attività specifica del Piano Nazionale Scuola Digitale che è sinteticamente chiamata BYOD. BYOD è l’acronimo di Bring Your Own Device, porta il tuo dispositivo a scuola.

Ossia, si cerca di promuovere l’utilizzo dei device che, quotidianamente, gli studenti e le studentesse utilizzano nel tempo libero, nella propria vita privata e si cerca di integrarli all’interno della quotidiana attività didattica a scuola.

Naturalmente, per riuscire in questa attività il Ministero dell’Istruzione ha previsto un vero e proprio decalogo, cioè 10 punti per l’uso dei dispositivi mobile a scuola.

Analizziamo ciascuno di questi punti:

1. Ogni novità comporta cambiamenti

Ogni cambiamento deve, all’interno della scuola, cercare di essere utile per favorire l’apprendimento ed il benessere degli studenti e delle studentesse. Proprio per far fronte al cambiamento e contestualizzarlo nella specificità di ogni istituzione scolastica, nel lontano 1999 è stato approvato il cosiddetto Regolamento delle autonomia delle istituzioni scolastiche che discende da quel processo di progressivo decentramento messo in campo grazie alla Riforma Bassanini.

In questo modo, ogni istituzione scolastica autonoma ha la possibilità di far fronte ai diversi cambiamenti incontrati e calarli nella specificità del contesto di appartenenza, in modo da far nascere una comunità educante e favorire l’apprendimento ed il benessere di ogni studente e studentessa.

2. I cambiamenti non vanno rifiutati ma compresi e utilizzati per il raggiungimento dei propri scopi.

A dimostrazione di questo, nel corso degli anni, dal momento che ormai possiamo dire che gli strumenti tecnologici pervadono la nostra quotidianità, il contratto nazionale del comparto scuola nel 2016-2018, ha introdotto un elemento distintivo, un articolo che è stato il primo rispetto anche ad altri contratti, cioè il cosiddetto principio del diritto alla disconnessione.

Proprio per rendersi conto che questi cambiamenti e questi strumenti, che ci permettono di avere delle opportunità interessanti, non vanno rifiutati ma vanno integrati nella quotidianità della nostra attività.

Attraverso il diritto alla disconnessione si è precisato come ogni istituzione scolastica al tavolo della trattativa, che coinvolge il dirigente scolastico, figura che rappresenta il datore di lavoro, e i rappresentanti sindacali dei Lavoratori, RSU o RSA, definiscono quali strumenti devono essere utilizzati per le comunicazioni tra scuola e lavoratori e in quali modi e tempi, per non rifiutare queste innovazioni ma integrarle nella quotidianità scolastica.

3. La scuola promuove le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali.

E’ esplicito un impegno da parte del Ministero dell’Istruzione a mettere in condizione ogni scuola di poter disporre davvero di quei servizi e di quella connettività indispensabili per utilizzare le tecnologie e l’innovazione.

Potremmo aprire un enorme capitolo di approfondimento dal momento che la situazione nel nostro Paese è molto varia e cambia da territorio a territorio. Sicuramente, nel corso degli ultimi anni, vi è stato un forte investimento in questo senso e l’esperienza della pandemia ha dato un ulteriore slancio, costringendo ad utilizzare innovazioni e strumenti tecnologici nell’attività scolastica.

4. La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica.

Le tecnologie, come abbiamo visto nell’esperienza della pandemia, sono proprio pervasive e possono essere utilizzate nella quotidiana attività didattica. L’esperienza della didattica a distanza, prima e della didattica digitale integrata, poi, che è rimasta come strumento importante per garantire la frequenza e l’apprendimento degli studenti, sono stati sicuramente una dimostrazione di queste capacità di accoglienza e di promozione del digitale nella didattica. Questa azione ha richiesto alla scuola un grande sforzo e, infatti, si è dimostrato un enorme senso responsabilità e un grande coinvolgimento del personale.

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Oserei dire che questo quarto punto è stato affrontato appieno ed è stato realmente attuato per fare fronte all’esperienza tragica della pandemia.
La scuola ne è uscita affaticata con ben tre anni scolastici sconvolti da quarantene, isolamento,… ma ne è stata anche arricchita come ha dimostrato la capacità di integrare le tecnologie nell’attività didattica e nel favorire l’utilizzo della digitalizzazione.

5. I dispositivi devono essere un mezzo e non un fine.

Quindi, il personale docente deve avere chiare le finalità del loro utilizzo, che non sono il saper utilizzare lo strumento, ma fare in modo che lo strumento diventi funzionale all’apprendimento.

Un altro passaggio significativo, richiamato in altri punti che affronteremo, è il tema dell’educazione digitale e dell’educazione alla cittadinanza digitale. Infatti, ormai, non possiamo più parlare solo di educazione alla cittadinanza ma di educazione alla cittadinanza digitale, che ha tra le finalità quella di aiutare gli studenti e gli studentesse a maturare un utilizzo funzionale, consapevole e critico di queste strumentazioni. Solo in questo modo tali strumenti diventano per loro una risorsa e, pertanto, un mezzo e non un fine.

6. L’uso dei dispositivi per promuovere l’autonomia.

In questo punto, possiamo vedere, in un certo senso, un richiamo alle 8 competenze chiave per l’apprendimento permanente del 2018. In tale documento di riferimento sono elencate per ciascuna competenza quali siano le conoscenze, le abilità e le attitudini.

Grazie all’uso consapevole e critico degli strumenti e canali digitali, i ragazzi hanno l’opportunità di maturare progressivamente autonomia decisionale e capacità di analisi delle informazioni e risorse che tali strumenti permettono di sfruttare.

7. Il digitale nella didattica è una scelta.

Sta ai docenti introdurlo e condurlo in classe, cioè i dispositivi che vengono introdotti nella quotidianità didattica a scuola, siano essi digitali e analogici, sono promossi dal personale docente, che, pertanto, li utilizza come strumento funzionale a poter promuovere l’apprendimento.

8. Il digitale trasforma l’ambiente di apprendimento.

La scuola non è più, infatti, la sola sede dove uno studente e una studentessa possono apprendere. Le esperienze, informali e non formali, che pervadono la quotidianità degli studenti, sono tutte occasioni di apprendimento. Per questo, la scuola deve fare in modo di utilizzare il digitale per trasformare gli ambienti di apprendimento e per renderli oltre che più accattivanti, anche per renderli stimolanti per un apprendimento significativo.

Questo passaggio era già stato ben chiarito dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo del primo ciclo di istruzione del 2012 e dalle Indicazioni Nazionali e dalle linee guida del secondo ciclo, con i regolamenti per gli istituti tecnici, professionali e per i licei.

9. Alleanza educativa con la famiglia.

Si ribadisce sempre che la scuola da sola non può riuscire in questa esperienza, cioè, anche nella vita quotidiana, in famiglia e con l’intera comunità di riferimento, gli strumenti digitali devono essere integrati ed utilizzati. Ci deve, pertanto, essere un’educazione all’utilizzo di questi strumenti e, quindi, l’alleanza con la famiglia è fondamentale e trova perfetta espressione nel riconoscimento della scuola come comunità educante.

In questo senso, il recente contratto del comparto scuola 2016-2018, ha proprio reintrodotto un’importantissimo articolo: l’articolo 24 che, riconoscendo la scuola come comunità educante, vede tutti gli attori della scuola corresponsabili a garantire il successo formativo di ogni studente e di ogni studentessa. In tale orizzonte, l’utilizzo dei dispositivi mobile nella quotidianità dei nostri ragazzi, deve essere un tema oggetto di confronto e di alleanza tra la scuola e la famiglia.

10. Educare alla cittadinanza digitale è un dovere per la scuola.

Abbiamo accennato prima come ormai non si possa più parlare solo di educazione alla cittadinanza ma la cittadinanza è da considerarsi cittadinanza digitale, dal momento che i nostri ragazzi devono essere preparati a saper utilizzare in maniera adeguata tutti gli strumenti che le tecnologie gli mettono a disposizione. Sono, infatti, un’enorme risorsa di conoscenze e di opportunità di relazioni. Pensiamo solo quanto sia innovativo ed affascinante, rispetto anche solo a 15 anni fa, potersi collegare in contemporanea in qualsiasi posto del mondo e parlare in lingue diverse, con persone dislocate ovunque.

Queste opportunità per i nostri ragazzi sono un’importante risorsa di conoscenza che va affrontata e gestita con preparazione per essere in grado di utilizzare in maniera critica e consapevole queste risorse. Se facciamo una ricerca in rete, troviamo una miriade di materiale, pertanto, dobbiamo avere quella consapevolezza e quella capacità critica che ci permette di vedere l’autenticità di una fonte, che ci aiuti a comprendere un post, a verificarne l’autenticità.

Pertanto, sapere utilizzare in modo consapevole e critico tutte queste risorse è uno degli obiettivi fondamentali perché ormai non possiamo più parlare solo di cittadinanza in generale ma di cittadinanza digitale.

Pensate solo come la cittadinanza digitale pervada ormai anche il rapporto che ogni cittadino ha con la pubblica amministrazione. Gli strumenti come lo SPID o l’identità digitale, che sono a disposizione del cittadino e sono conosciuti anche dai nostri ragazzi, devono essere utilizzati con competenza, per saperli sfruttare in maniera chiara, precisa e funzionale alle esigenze personali.

Conclusione

La Buona scuola e, in particolare, il Piano Nazionale Scuola Digitale, hanno cercato di innovare alcuni aspetti delle istituzioni scolastiche e molto interessante è l’idea di integrare questi strumenti che quotidianamente i ragazzi tengono in mano nella nostra attività didattica, proprio per rendere chiaro loro quanto posano essere importanti per il loro apprendimento e per la loro crescita.

Si tratta di una sfida Interessante che, sicuramente, richiede un forte impegno da parte del personale scolastico, perché nel progettare l’attività didattica devo tener conto dell’utilizzo anche di strumenti nuovi e devo saperli rendere coinvolgenti ed integrarli nella lezione.

Nello stesso tempo, però, sarebbe importante che tutto il carico di lavoro che questa attività comporta sia in termini di tempo che di preparazione professionale, venga tenuto in debita considerazione, partendo dell’affollamento delle nostre classi. Infatti, una classe numerosa rende meno funzionale e semplice riuscire a realizzare un progetto così interessante. Forse, riprendere in mano quell’idea, ribadita anche dalla legge 107 che permette al dirigente scolastico di ridurre il numero degli alunni per classe, sarebbe doverosa .. per farlo, il dirigente ha, però, necessità che venga riconosciuto l’organico necessario!

Innanzitutto, ridurre il numero degli alunni per classe aiuterebbe a rendere maggiormente efficace e fattibile l’attuazione di questa esperienza di integrazione dei device nella quotidianità dell’attività didattica a scuola.

In secondo luogo, in occasione del rinnovo del contratto della scuola, scaduto nel 2018, si tenga in debita considerazione il carico di lavoro quotidiano che il personale della scuola in genere e il personale docente, per quanto attiene l’ipotesi che qui stiamo descrivendo, è costretto ad affrontare.

In questo modo, facendo fronte ad un riconoscimento del reale carico di lavoro, che potremmo descrivere in molti più altri aspetti, si riuscirebbe a rendere maggiormente fattibile l’esperienza di promozione di questo decalogo, perché, altrimenti, ci si trova affannati a rincorrere le tante esigenze che quotidianamente vanno affrontare in classe. Si può,
comunque, tentare di promuovere il presente decalogo ma con una grande fatica perché il tempo e le risorse a disposizione sono veramente limitate.