Dal 2013, anno in cui il Consiglio di Stato ha riconosciuto il valore abilitante del titolo magistrale conseguito entro l’AS 2001/02, si sono scatenati i ricorsi alla giustizia amministrativa ed alla giustizia ordinaria.

Ancor più interessante è approfondire gli esiti e le motivazioni che ciascun giudice elabora a supporto della propria sentenza.

Il Miur ha eccepito il difetto di giurisdizione nel giudice ordinario. Il giudice ordinario rivendica la giurisdizione su tale materia.

In tale articolato e confuso quadro si innestano le sentenze più diverse: inserimento sì,  inserimento no, con punteggio o a punti zero, con o senza riserva,…

Analizziamo la norma che ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento e li’, nel 2007, collochiamo lo spartiacque?

E come ci comportiamo quando la definizione del valore abilitante di un titolo arriva anni dopo?

Cosa rispondiamo a tutti coloro, inseriti nelle storiche graduatorie ad esaurimento, scavalcati da una miriade di docenti ricorrenti?

Domande delicate cui dobbiamo dare una risposta con responsabilità e competenza.

A tutto questo ginepraio abbiamo il dovere politico e sociale di dare una risposta che tenga conto delle istanze diverse. Quale?

Richiamare la politica all’obbligo di trovare una soluzione rispettosa di tutti e dignitosa per uno Stato che funzioni.

A nostro avviso l’intero reclutamento andrebbe ripensato con una autentica riforma che tenga in debito conto le fasi di formazione iniziale e carriera: è impensabile avere temi così collegati, che viaggiano su binari paralleli, incontrandosi solo nel momento in cui si scatena qualche problema.

L’attuale soluzione del concorso straordinario prospettata dal Governo con il bando pubblicato il 26 Ottobre creerà ulteriori situazioni di discriminazione tra colleghi e rischierà di generare nuovo contenzioso, anziché sanare la confusione degli ultimi anni.

Riteniamo doveroso e non più rinviabile sanare questa frattura che divide i lavoratori, esaspera le aspettative del personale della scuola, crea attriti, ingiustizie  e disfunzioni del sistema, ma, soprattutto, non risponde alla mission del fare politiké: arte di Amministrare la Cosa Pubblica.