L’Italia che si apprestava a riconoscere l’autonomia scolastica si è presentata all’appuntamento europeo con un Paese molto diverso rispetto a quello che ha sottoscritto il Trattato di Roma nel 1957 per avviare il processo di costruzione di un mercato unico.

Le elezioni politiche del 1994 ufficializzarono, infatti, quella che venne definite la nascita della Seconda Repubblica.

Il dibattito sull’ingresso o meno nell’Unione Europea continuava ma ha prevalso la posizione a favore nella convinzione che restare fuori avrebbe comportato non essere in grado di reggere le oscillazioni costanti della lira e le conseguenti perturbazioni dei mercati finanziari. Pertanto, l’allora Governo Prodi, attraverso una forte riduzione della spesa pubblica ed altre privatizzazioni, ottenne nel 1998 l’ammissione anche dell’Italia fra i Paesi della moneta unica, entrata ufficialmente in circolazione il primo Gennaio 2002.

Confrontando la situazione italiana con quella di altri Paesi, come la Francia e la Germania, si palesava immediatamente la contraddizione tra un alta scolarizzazione ei un numero inferiori di diplomati e di laureati. I ripetuti tentativi di riforma del sistema formativo non facevano registrare i propri positivi effetti.

Su questi aspetti, così come la mancanza di una crescita della competitività delle imprese italiane, ha da sempre inciso anche una pubblica amministrazione ancorata al principale ruolo di filtro fra politica e cittadini, travolta dalla burocrazia e dall’immobilismo, che avrebbe potuto, invece, ricoprire un ruolo dinamico e strategico in sinergia con il settore privato, secondo una nuova visone del settore pubblico, innovato dall’interno.

Già dall’inizio degli anni novanta, la necessità di avviare una revisione del sistema pubblico, ha portato all’approvazione di alcune norme piuttosto rilevanti:

  • Legge delega n. 421/1992 per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriali;
  • Decreto legislativo n. 29/1993 per la Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, nota come privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, che ha approfondito la distribuzione delle materie tra legge, potere organizzativo e contratto;
  • Legge n. 59/1997, nota come Riforma Bassanini dal nome del Ministro della Funzione Pubblica che vi diede avvio, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
  • Legge n. 127/1997, Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, nota come Bassanini bis.

Con la legge n. 59/97, riforma Bassanini, si è cercato di attuare una profonda riforma del sistema amministrativo, per sburocratizzare l’amministrazione pubblica, renderla più efficiente, più snella e in grado di offrire servizi di qualità.

Le linee attraverso cui raggiungere l’obiettivo sono state le seguenti:

  • Semplificazione amministrativa, per snellire e velocizzare l’azione amministrativa;
  • Federalismo amministrativo come modalità di decentramento, che proseguirà con la riforma del Titolo V° della Costituzione attraverso la legge n. 3/2001;
  • Delegificazione attraverso cui il legislatore può affidare alla competenza normativa del potere esecutivo una determinata materia già disciplinata dalla legge.

Attraverso tale processo di riforma, ogni funzione amministrativa non esplicitamente mantenuta dallo Stato diviene competenza delle Regioni, delle Province e degli Enti Locali. Tale trasferimento di funzioni, insieme ai beni  ed alle risorse collegate, è, quindi, assegnato all’amministrazione regionale e locale, ma in un’ottica di sussidiarietà.

Il principio di sussidiarietà

Attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai Comuni, alle Province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l’esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.

La sussidiarietà si articola in verticale ed orizzontale: la prima assegna funzioni ai diversi livelli territoriali del Governo e attribuisce competenze amministrative solo per le materie elencate dalla legge; la seconda assegna funzioni ai diversi ambiti amministrativi pubblici ed a eventuali soggetti privati, se questi ultimi possono svolgerle in modo più efficiente.

Il legislatore elenca anche una serie di altri principi ai quali attenersi per il funzionamento dell’amministrazione pubblica:

  • Completezza,
  • Efficienza ed economicità,
  • Cooperazione,
  • Responsabilità ed unicità dell’amministrazione,
  • Omogeneità,
  • Adeguatezza,
  • Differenziazione nell’allocazione delle funzioni,
  • Copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l’esercizio delle funzioni amministrative,
  • Autonomia organizzativa e regolamentare, responsabilità degli enti locali.

Con la legge n. 59/1997  si è cercato, pertanto, di riformare l’amministrazione pubblica, attraverso un processo di decentramento, di liberalizzazione, di semplificazione e di responsabilizzazione, al fine di modernizzare il nostro Paese attraverso la costruzione di un’alleanza tra pubblico e privato.

In tale processo sono state coinvolte anche le istituzioni scolastiche, oggetto dell’art 21 della legge n.59/1997, attraverso il Regolamento dell’autonomia, il DPR n. 275/1999, e con le norme conseguenti al processo di decentramento, che elencherò di seguito, che hanno comportato il passaggio da un’organizzazione piramidale ad una a rete.

Legislazione Scolastica

Conoscerla, comprenderla, saperla applicare.

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