Questa rivoluzione sociale ed economica trasforma il lavoro, non lo fa scomparire. Le rivoluzioni precedenti hanno, infatti, indotto, le medesime necessità: sapersi riconvertire e rinnovare. Nel 1794 con la macchina a vapore, nel 1870 con lo sviluppo industriale della fabbrica, nel 1940 con l’informatica, nel 2013 con la quarta rivoluzione industriale.
Articolerò il seguente contributo in 4 punti:

  1. le caratteristiche del Lavoro nell’era digitale;
  2. le necessità e le competenze richieste;
  3. l’atteggiamento verso nuovo lavoro;
  4. le prospettive e le proposte.

1 – le caratteristiche del Lavoro nell’era digitale

Tradizionalmente, nella cultura occidentale, sono due fondamentali le concezioni prevalenti nei confronti del rapporto tra l’essere umano ed il lavoro: quella antica, centrata sulla sofferenza la pena e lo sforzo; quella moderna che riconosce l’attività produttrice e la creatività. Nel corso dei secoli è stata costante questa tensione tra valorizzazione e svalorizzazione, tra condanna e liberazione, codesta dicotomia.  Siamo poi passati attraversato i secoli, passando per la tradizionale dicotomia otium/negotium, attraverso l’epoca Cristiana, in cui si pone al centro valore sociale del lavoro fino ai maestre dell’epoca medievale e all’homo Faber nell’epoca moderna. Oggi, siamo di fronte a nuove trasformazioni:  quelle del digitale e della tecnologia classificata come industria 4.0; quest’ultima non descrive una tecnologia specifica, ma riguarda, piuttosto,  un insieme di tecnologie.

Gli interventi di questa trasformazione digitale tecnologica hanno rivoluzionato i classici parametri di spazio, tempo e relazione. Nello specifico, hanno allontanato i vincoli del lavoro novecentesco come gli orari e luoghi di lavoro e le mansioni hanno superato il paradigma fordista della produzione della catena di montaggio massiccia, dal chiuso delle fabbriche nella catena del valore lineare dei fornitori – consumatori per arrivare ad uno scenario complesso e denso di relazioni, di intrecci, in cui il consumatore entra nella catena di produzione (per esempio, con l’internet delle cose).

Altre caratteristiche centrali di questa nuova rivoluzione industriale sono:

  • la processualità: le azioni del lavoro diventano processi soggetti a ridefinizione continua;
  • l’apertura: la disponibilità  alla flessibilità ed alla variabilità;
  • l’incompiutezza: finalizzata a raggiungere un miglioramento continuo;
  • l’immanenza dell’azione nel processo: processo che accorcia i tempi della scelta, innescando immediatamente la scelta nell’azione;
  • rapporto disintermediato: il lavoratore e il lavoro hanno come mediazione delle interfacce;
  • la iperconnettività: la connessione è un continuo flusso di informazioni e centrale è la contaminazione (ad esempio, il cloud, i social, il crowdfunding); l’innovazione interpreta, infatti, i bisogni e previene le nuove idee. Divengono, pertanto, al  centro i principi di comunità, di fiducia e di creatività;
  • nascono nuove identità digitali per un incessante connettività generativa su tre dimensioni; one-to-one (comunicazione tra singoli prodotti, tra un prodotto e un consumatore);  one-to-many (lo scambio di informazioni simultaneo); many-to-many (la comunicazione multipla tra prodotto e processo).

2 – le necessità e le competenze richieste

Questo nuovo quadro cambia le necessità e le competenze richieste.

Il lavoro sarà, infatti, caratterizzato da un modo innovativo di pensare, di creare, di realizzare economicamente le condizioni, in uno stile sempre più collaborativo e di condivisione.

Questo rende necessario imparare a utilizzare nuovi strumenti per socializzare il lavoro, come, ad esempio, il cloud e per inventare, come, ad esempio il crowdfunding

Il Foro Annuale The feature of Jobs dichiara che entro il 2025 più di un terzo delle competenze che oggi consideriano importanti cambieranno. Ne sono un esempio:

  • l’intelligenza sociale, che Goleman, nel 2007, ha dichiarato come l’insieme delle competenze comunicative, relazionali e di negoziazione;
  • il pensiero adattivo, cioè la capacità di cercare e trovare soluzioni;
  • le competenze cross culturali, ossia l’apertura a nuove visioni e culture;
  • la mentalità computazionale, la forma mentis flessibile, capace di gestire e organizzare concetti astratti partendo dai dati;
  • la transdisciplinarità;
  • l’essere orientati al design, cioè rappresentare in modo grafico obiettivi e processi;
  • collaborare in ambienti virtuali;
  • la capacità di gestione del carico cognitivo, saper, cioè, filtrare, selezionare, organizzare informazioni in modo adeguato, mantenendo attenzione e concentrazione;
  • affrontare un rapporto diverso con la corporeità.

Codeste condizioni richiedono, pertanto, attenzione alle nuove generazioni per quanto riguarda una formazione adeguata e agli adulti che già lavorano per la possibilità di una riconversione professionale ed un adattamento.

3 – l’atteggiamento verso nuovo lavoro

Lo scenario delineato può vedere la maturazione di diversi atteggiamenti opposti ed estremi: un primo atteggiamento nei confronti di questi cambiamenti è stato quello utopico che nel corso degli anni ‘70-’80 riconosce alle tecnologia solo ricadute positive, guadagnando tempo e lavorando in modo migliore. L’atteggiamento opposto è quello dei catastrofisti o distopici che leggono, invece, in questi cambiamenti solo effetti negativi, la fine del lavoro ed  esiti assolutamente catastrofici in termini di concentrazione e attenzione.

Come sempre, il giusto sta nel mezzo:  analizzando necessità e competenze richieste, diviene necessario affrontare le fasi di un processo ed essere capaci a farlo, acquisendo capacità di esplorazione, di problem solving, di autonomia…

Diventano, allora, necessarie anche le abilità relazionali: collaborazione, condivisione, capacità di organizzare un processo.

Tutto questo vede impegnate l’istruzione e la formazione nella creazione di una nuova sorta di pedagogia del lavoro, un ecosistema 4.0, cioè un’analisi critica del presente che anticipa il futuro riservando alla dimensione umana del lavoro il posto che le compete in un’educazione integrale permanente.

Padroneggiare la tecnologia diventa indispensabile e diviene centrale farlo entro un’impalcatura umana, una visione antropologica: il soggetto non può essere immerso in un flusso di informazioni,  l’essere umano che deve diventare un agente di trasformazione, protagonista attivo.

Legislazione Scolastica

Conoscerla, comprenderla, saperla applicare.

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4 – le prospettive e le proposte

Guardando alle prospettive e alle proposte, l’istruzione la formazione hanno il dovere di pensare a una didattica rinnovata, centrata sulle competenze, come, per esempio, è il modello di esperienze di apprendimento situato.

L’alternanza scuola lavoro vede un laboratorio di contemporaneità della scuola e del lavoro che non applica il modello “prima studio e poi lavoro” ma vede il loro interscambio reciproco.

Il sistema duale, centrale nella regione Lombardia, diviene un modello di istruzione formazione e apprendimento molto significativo.

Il motto “apprendere ad apprendere” diviene necessariamente centrale, così come il Long Life learning.

Il lavoratore e, prima di lui, lo studente devono possedere o maturare la capacità di sapersi reinventare.

In questo senso diventano centrali le Competenze Chiave per l’Apprendimento Permanente riviste proprio nel 2018:  in esse, la cultura del cambiamento, la capacità di risolvere problemi, la creatività e l’imprenditorialità diventano la chiave di volta per affrontare le trasformazioni del mondo del lavoro.

Significative sono anche le esperienze di Service Learning in cui il coinvolgimento diretto degli studenti in progetti nella comunità e lo svolgimento di contenuti dello studio consentono di responsabilizzarli e di farli diventare protagonisti.

I luoghi tradizionali dell’apprendimento necessitato, pertanto, di un cambiamento radicale: l’ambiente di apprendimento è più ampio del solo spazio dell’organizzazione della classe;

vanno riconosciuti formalmente l’apprendimento formale a scuola, l’informale nella vita quotidiana e il non formale, strutturato,ma fuori da scuola.

Interessante sono anche, allora,  le new skills dell’Agenda per l’Europa del 2016: in esse si elenca la necessità di aumentare la rilevanza e la qualità della formazione alle skills, di acquisire qualifiche e skills più visibili e confrontabili, di rendere più efficace l’orientamento scolastico e professionale per migliorare le scelte e le carriere. Diviene, pertanto, fondamentale garantire una formazione sulle abilità tecniche e le abilità trasversali, quelle per la vita.

Infine, è interessante vedere come sarà necessario che anche in ambito contrattuale si risponda in maniera adeguata a questi cambi del mondo del lavoro. come?

  • riclassificando i lavori e superando la classificazione attuale;
  • prevedendo, di fronte ai rischi di modifiche del lavoro e, soprattutto, di quei pericoli di pochissimi lavoratori altamente qualificati e tantissimi poco professionalizzati è poco remunerati, forme di armonizzazione degli inquadramenti e degli stipendi;
  • come è già accaduto in alcuni contratti, preventivando,  l’obbligo della formazione continua per l’aggiornamento e per la riconversione professionale;
  • favorendo la partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa;
  • prevedendo il confronto con temi prima inaspettati come il diritto alla disconnessione cioè stabilire delle regole per regolamentare la ricaduta degli strumenti digitali nella quotidianità e soprattutto per il lavoro.

In conclusione, possiamo dire che per affrontare adeguatamente il mondo del lavoro nell’era del digitale e dell’industria 4.0 è necessario porre al centro lo sviluppo umano il diritto all’apprendimento, all’interazione cooperativa per migliorare il work Life Balance dei lavoratori e delle lavoratrici e per ripensare l’innovazione in un quadro di equità sociale.

Infine nelle scelte sia politiche che contrattuali è fondamentale tener conto come queste innovazioni ci pongono di fronte a diversi dilemmi come i seguenti tre:

  • il dilemma socio-ambientale: la chiusura di una fabbrica inquinante e la perdita di posti di lavoro;
  • il dilemma tecno-ambientale: l’innovazione che può incrementare l’inquinamento e la riconversione ambientale;
  • il dilemma tecno-sociale: la sostituzione del lavoro con le macchine.

Solo una nuova pedagogia del lavoro in un contesto di ecosistema 4.0 può affrontare in maniera sana, complessiva ed in ottica antropologica tali dilemmi e preparare le future generazioni ed i/le lavoratori/trici già inseriti ad affrontare un mondo del lavoro in costante e rapida trasformazione.