Le radici dell’economia civile si fanno risalire alla tradizione di pensiero economico e filosofico dell’Umanesimo civile e a quella più remota nel pensiero di Aristotele, Cicerone, Tommaso d’Aquino.
Il termine civile è stato introdotto come aggettivo nel 1765 da Antonio Genovesi, economista, nella propria opera Lezioni di Commercio o di Economia Civile. Con questo contributo si identifica la nascita ufficiale della cosiddetta economica civile.
La prima cattedra di economia al mondo nasce proprio a Napoli, partendo da un’idea di cooperazione che ha come orizzonte la felicità pubblica.
Di seguito, in vista del primo Festival Nazionale dell’Economia Civile, cercherò di sintetizzare alcuni termini chiave attraverso cui analizzarne contenuti e valori.
Gratuità
Non è il gratis (prezzo zero), ma prezzo infinito.
Non è neanche l’altruismo, né la filantropia, poiché è un atteggiamento morale, che porta ad accostarsi agli altri, alla natura, a se stessi non in cerca di qualcuno o qualcosa da usare a nostro vantaggio, ma da trattare con rispetto e in un rapporto di reciprocità.
C’è uno stretto rapporto tra gratuità e dono, non come oggetto ma come atteggiamento e azione del soggetto. Tuttavia, non tutti i doni sono uguali, poiché il dono che i latini chiamavano munus, e non donum, poneva l’accento sull’obbligo, che non era una faccenda di gratuità.
L’incivilimento
L’incivilimento si misura sulla base delle virtù civili e della equa distribuzione della ricchezze: i beni e le ricchezze sono valutate in base al loro contributo o meno all’aumento della civiltà dei popoli e delle comunità.
La pubblica felicità
La pubblica felicità nasce da un’etica delle virtù e del bene comune, mentre la ricerca della felicità mette al centro l’individuo. In questi tempi di crisi stiamo vedendo che la stessa ricerca individuale di felicità no si compie senza prendere sul serio la dimensione sociale e relazionale. Non c’è felicità individuale senza quella pubblica. In Toscana nel settecento l’espressione usata dagli economisti di questa terra, eredi dell’Umanesimo civile, era benestare.
La reciprocità
Si tratta di un rapporto dinamico che collega i soggetti nella vita comune. La condizione per poterla generare è un mutuo dare e ricevere, anche con registri e forme diverse. La più nota e semplice forma di reciprocità è il contratto, ma ve ne sono anche di più sofisticate.
Beni relazionali
La categoria è stata introdotta nel dibattito teorico principalmente da quattro autori provenienti da settori disciplinari diversi: Martha Nussbaum (1986), filosofa, Pierpaolo Donati (1986), sociologo, Benedetto Gui (1987) e Carole Uhlaner (1989), economisti. Comun denominatore alle diverse teorie è considerare la relazione come un bene, riconoscendo, pertanto, il rapporto tra i soggetti non è come un mezzo ma come il fine stesso.
L’economia moderna soffre per mancanza di fraternità civile: il suo posto è preso dal comunitarismo o dall’anomia solitaria del capitalismo.
C’è un altro modello che siamo chiamati a favorire: il modello economico-relazionale dell’Economia Civile, centrato sulla reciprocità, sul bene comune e sulla persona che ne
promuove la ricerca con efficienza ed equità.
Questo percorso è stato approfondito e sperimentato a Brescia con SEC ed un nutrito gruppo di docenti nel corrente anno scolastico: è stato un laboratorio di formazione per chi ha a cuore una visione alta dell’uomo e del suo agire sociale ed economico.
I principi cardine a cui fare, allora, riferimento sono gratuità, incivilimento, pubblica felicità, reciprocità, beni relazionali, sostenibilità.
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