La scuola motore del Paese
L’incipit del piano programmatico contiene un’affermazione importante: la scuola è il motore del Paese, si intende avviare una nuova fase Costituente.
Infatti, si dichiara che l’impegno dell’attuale Governo è proprio volto a fare in modo di superare i divari territoriali e gli insufficienti investimenti in scuola, università e ricerca che hanno palesato i propri negativi effetti di fronte all’esperienza della pandemia. In questo senso, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha destinato più di 19 miliardi per il potenziamento dell’offerta formativa nei servizi dell’istruzione, dagli asili nido alla ricerca.
Il Ministro ritiene che la scuola debba essere una priorità delle politiche strategiche sia a lungo che a medio termine, per questo, verranno investite molte risorse.
Approfondiremo nel dettaglio l’impegno per una revisione dei curricoli ma soprattutto la progettazione di interventi strutturali che permettano la piena sicurezza, la riqualificazione degli edifici scolastici, il miglioramento della qualità degli ambienti di apprendimento e un ripensamento delle metodologie didattiche in chiave innovativa.
Sottolineo una dichiarazione importante delle linee programmatiche: il coinvolgimento diretto di tutta la comunità educante in modo da garantire un dialogo costruttivo che veda le istituzioni scolastiche in stretto contatto con la società civile ed il territorio.
Diritto allo studio
Un primo tema che viene approfondito è quello relativo al diritto allo studio in quanto la scuola deve essere riconosciuta come bene comune al pari della salute. Pertanto, si dichiara il forte impegno del Ministero per ridurre la dispersione scolastica, contrastare le povertà educative ed abbattere i divari territoriali.
Il tasso di dispersione nel nostro Paese ha, purtroppo, livelli ancora molto elevati, infatti, supera la soglia del valore obiettivo del 10% stabilita dall’Unione Europea nella strategia Europa 2020.
La dispersione si manifesta in due diversi versanti: dispersione esplicita e dispersione implicita.
La cosiddetta dispersione esplicita registra la prematura uscita di moltissimi studenti dal sistema scolastico e formativo.
La cosiddetta dispersione implicita interessa coloro che, pur conseguendo il titolo di studio, non raggiungono le competenze attese alla conclusione del ciclo formativo, con conseguenti difficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro, ma anche nell’esercizio attivo e consapevole dei propri diritti di cittadinanza.
Accanto a tali dati, si registra ancora una significativa differenziazione di genere ed una forte disomogeneità territoriale.
Il Ministro esplicita l’assunzione di impegno per garantire la presa in carico delle fragilità ed una reale e autentica inclusione, in modo tale da permettere ad ogni studente di seguire il proprio percorso e sviluppare pienamente le proprie potenzialità.
Per riuscire in questo il Ministero punta molto sulla realizzazione di Patti educativi di comunità che coinvolgano la rete di associazioni, il terzo settore, le istituzioni.
Riferimento esplicito che ha accompagnato le dichiarazioni del Ministro sono le rilevazioni, nazionali ed internazionali, periodicamente condotte all’interno della scuola. Dalla lettura di questi dati si evince la necessità di investire per un innalzamento dei livelli di qualificazione e per il rafforzamento delle competenze necessarie ed indispensabili per far fronte la transizione tecnologica ed ecologica.
Infatti, nei primi mesi di mandato si è registrato un forte investimento nei confronti dello sviluppo delle competenze cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e STEAM (Science, Technology, Engineering, Art and Mathematics), cercando dapprima di selezionare e stabilizzare personale in tali classi di concorso.
L’obiettivo di allineamento dell’offerta formativa agli standard internazionali è volto anche a colmare lo skill mismatch tra educazione e mondo del lavoro.
Sarà, pertanto, potenziata l’offerta formativa per la maturazione delle competenze 4.0 al fine di adeguare la risposta del sistema di istruzione e formazione alla forte domanda di professionalità.
Infine, in tale lungo capitolo, si sottolinea la centralità anche dell’istruzione degli adulti e dell’apprendimento permanente per favorire l’accesso dei cittadini nel nostro Paese, per consentire la formazione permanente e per aiutare nel conseguimento del titolo di studio.
Ambiziosi gli obiettivi elencati, che richiedono anche un ripensamento del sistema dell’orientamento, valorizzando quanto già si fa nei Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO).
Un altro versante da potenziare in questo senso è quello relativo agli accordi tra scuola e università.
In questo modo, l’orientamento diventa strategico in vista delle scelte sia come supporto allo studente ed alla studentessa in crisi rispetto alla scelta di studio operata sia come ponte tra i diversi gradi di formazione e gli sbocchi post secondari.
Per inserire la scuola nel più ampio contesto digitalizzato e tecnologico, con il PNRR si è investito nel progetto scuola 4.0, volto a garantire la disponibilità di dotazioni tecnologiche, di cablaggi all’interno di ogni scuola, di accesso alla banda larga. L’esperienza dello lockdown ha dimostrato quanto si renda necessario questo passaggio per garantire il superamento dei divari territoriali e per far fronte alle povertà educative.
Il tempo scuola
Approfondiamo ora uno dei temi più delicati.
Nelle linee programmatiche si ribadisce come il PNRR investa per un aumento del tempo scuola, per incrementare gli spazi dell’offerta formativa, la funzione degli edifici scolastici, con apertura del territorio, in un’impostazione che vede la scuola come motore del Paese.
Condivisibile vedere la scuola come spazio per la promozione della socializzazione, dell’integrazione e dell’inclusione: finalità che già pervadono il quotidiano lavoro didattico ed educativo.
Nel documento di accompagnamento queste riflessioni prevedono il coinvolgimento diretto del personale delle istituzioni scolastiche.
Corretto anche questo passaggio: la comunità educante della scuola è tale se coinvolge tutti gli attori.
Va, però, indirizzato un pro memoria al Ministro in merito agli spazi, ai tempi ed ai modi di tali scelte: si deve necessariamente aprire il confronto su tali tematiche all’interno del contratto collettivo nazionale di lavoro. Infatti, negli ultimi due decenni, le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola sono state fortemente appesantite da continua riforme e controriforme calate dall’alto e questo ha comportato un aumento del carico di lavoro, una pressione per i continui cambi delle condizioni. Il contratto vigente, scaduto a fine 2018, non è più adeguato alle condizioni di lavoro mutate. Pertanto, si rende indispensabile e non più rinviabile aprire il rinnovo contrattuale, per adeguarlo dal punto di vista economico e normativo.
In caso contrario, si rischia che questa proposta, che può essere condivisibile nelle intenzioni, sia attaccata e non condivisa proprio da coloro che devono realizzarla.
La scuola motore del Paese è uno slogan che fa ben sperare, ma per riuscirvi va prestato il dovuto coinvolgimento del personale che può renderla tale.
Organizzazione del sistema scolastico
Entriamo, infatti, nel vivo di alcuni passaggi che dovrebbero vedere il personale della scuola e gli organi collegiali protagonisti.
Secondo il Ministro serve una riorganizzazione del sistema scolastico che va ripensato a partire dai curriculi fino al riordino dei cicli.
Per approfondire il tema del ripensamento dei curricoli è necessario un breve affondo sulle origini: a partire dal riconoscimento dell’autonomia funzionale ad ogni istituzione scolastica, con il DPR n. 275 del 1999, attuativo dell’art. 21 della Legge 49/1997 (Legge Bassanini) la scuola è stata coinvolta in una sorta di rivoluzione copernicana.
L’organizzazione non è stata più piramidale ma a rete. Prima dell’autonomia, al vertice si trovava il Ministero della Pubblica Istruzione che dettava le norme e i programmi con natura prescrittiva, i Provveditorati quali corpi intermedi che applicavano i dettami del Ministero ed alla base le scuole. Con il riconoscimento dell’autonomia scolastica alle singole istituzioni scolastiche si è inteso passare ad una logica di rete, i cui attori sono le scuole stesse, il Miur (Ministero Istruzione Università e Ricerca), con i propri uffici periferici (Ufficio Scolastico Regionale e Territoriale) ed i propri Istituti di Ricerca e Formazione (Irsae), il contesto sociale, civile, culturale ed economico entro cui opera una scuola, la Conferenza Permanente Stato, Regioni, Enti Locali.
Il riferimento didattico sono diventate le Indicazioni Nazionali, quadro entro il quale si operano le scelte delle singole scuole con l’elaborazione del POF, documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche, (ora PTOF, a seguito della L. 107/2015).
La progettualità didattica si sostanzia nell’elaborazione condivisa del curricolo disciplinare, verticale, ricorsivo ed inclusivo di ogni scuola, riconosciuta quale ambiente di apprendimento. La scuola nell’elaborazione del curricolo deve essere coerente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e fare sintesi con le istanze del contesto, la domanda delle famiglie e le caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti.
Il Ministro interviene proprio sul tema del curricolo, dicendo che lo stesso va ripensato e rinnovato. L’esperienza della pandemia ha stimolato molte istituzioni scolastiche ad un ripensamento del proprio curriculo in ottica di essenzializzazione e di inclusione.
Il curricolo d’istituto deve essere, infatti, un curricolo verticale e ricorsivo in modo da accompagnare progressivamente e ripetutamente gli alunni e gli studenti nella maturazione di competenze e nel raggiungimento del loro personale successo formativo, secondo i principi di acquisizione e di accomodamento di J. Piaget. Il curriculo deve essere, inoltre, essenziale: vanno individuati i nuclei fondanti di ogni disciplina, quali contenuti strumentali siano utili, la finalità formative ed il valore formativo della stessa.
Leggo con molto piacere che all’interno delle linee programmatiche venga ribadito come questa operazione di ripensamento dei curricoli debba avvenire non attraverso colpi di disegni di legge ma attraverso un pieno coinvolgimento del personale della scuola. Auspico vivamente che queste dichiarazioni diventino realtà perché se tale cambiamento vuole essere introdotto diventa indispensabile e necessario il coinvolgimento di coloro che progettano e costruiscono il curricolo d’istituto.
Inoltre, mi permetto di sottolineare un altro passaggio importante: non possiamo pensare di azzerare tutto quanto ogni scuola ha già fatto su questo tema. Si deve necessariamente partire dal patrimonio già a disposizione di ogni scuola e si deve ribadire l’esercizio autentico di autonomia didattica ed organizzativa che tale operazione richiede.
Si rende necessario uniformare anche i modelli di certificazione delle competenze e, data la sottolineatura, auspico che la scelta discendente dal d.lgs n. 62/2017 sulla valutazione degli apprendimenti e la certificazione delle competenze, che ha coinvolto la scuola primaria nell’operazione di reintroduzione dei giudizi in sostituzione dei voti numerici, sia estesa a tutti gli ordini di scuola.
Dal momento che la valutazione non è conclusiva ma ricorsiva, è funzionale alla costruzione delle strategie didattiche, aiuta nel prestare attenzione al binomio insegnamento – apprendimento, sostiene la motivazione al miglioramento ed aiuta nel formulare obiettivi dal punto di vista dello studente, la reintroduzione dei giudizi può favorirne la dimensione formativa e formatrice, contribuendo anche a fronteggiare la dispersione che, purtroppo, accompagna frequentemente i passaggi da un ordine all’altro di scuola.
Infine, il Ministro anticipa un forte investimento sul sistema integrato del 0-6 anni, per garantire il diritto ad ogni bambino e per riconoscere i servizi dell’infanzia come un bene comune per la collettività. Il PNRR ha investito risorse sia per la costruzione di nuovi edifici ma anche la riqualificazione e la messa in sicurezza degli asili e delle scuole d’infanzia già esistenti e per la creazione di circa 228000 posti.
Filiera formativa professionalizzante e ITS
Attenzione particolare è stata rivolta da parte delle linee programmatiche alla realizzazione di un sistema integrato di offerta formativa dopo la scuola secondaria di primo grado che metta al centro il ruolo importante dell’istruzione professionale, di competenza dello Stato, e della formazione professionale, di competenza delle Regioni.
Il Ministro dichiara che è importante assicurare un raccordo tra la formazione iniziale e la formazione permanente, soprattutto, con il rilancio dell’istruzione per gli adulti.
Si introducono in questa sezione due temi significativi con i quali entra in gioco il raccordo tra mondo della scuola e mondiale del lavoro: la formazione iniziale e la formazione continua.
Quando le imprese indicano i requisiti di conoscenze e competenze, spesso fanno riferimento ad un sapere fatto di informazioni di natura procedurale e strumentale.
Molte imprese perseguono una formazione di natura eminentemente adattiva, tendono a formare persone capaci di orchestrare le risorse disponibili localmente in modo da trovare risposte contingenti ai problemi ed alle opportunità esistenti oppure mettono in atto una formazione come strategia di rinnovamento e non solo di adattamento.
Torna, allora, centrale il tema di una formazione iniziale non solo tecnica ma anche per la vita, le cosiddette soft skill, atteggiamenti e comportamenti che consentono ad una persona di riuscire a relazionarsi con il mondo, con gli altri e saper affrontare tutte le situazioni, soprattutto, considerando le variabili di cambiamento e gli imprevisti.
Sul versante della formazione continua, nelle linee programmatiche si rilancia anche la formazione per gli adulti con i centri permanenti di istruzione per gli adulti (CPIA) che hanno un ruolo importantissimo per il conseguimento del titolo conclusivo del primo ciclo, attraverso i percorsi di istruzione di primo livello, per il raggiungimento del diploma attraverso i percorsi di secondo livello, per i percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana, ma anche per le iniziative di ampliamento dell’offerta formativa o le attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo. Attraverso queste ultime due opportunità si può arricchire la dimensione della formazione continua e della riconversione professionale dei lavoratori e delle lavoratrici. E’ sicuramente un terreno tutto da progettare ma che può essere di grande supporto alla comunità di appartenenza.
L’affermazione personalmente preoccupante è relativa alla riforma degli istituti tecnici e professionali: diretta ad allinearne i curricula alla domanda di competenze promanante dal tessuto produttivo del Paese, anche verso l’innovazione introdotta dal modello di Industria 4.0.
La scuola ha necessità di contestualizzare e costantemente aggiornare la propria attività. Pertanto, non può estraniarsi dal contesto tecnologico e in continua trasformazione che coinvolge la società intera. Tuttavia, se allineare i curricula determina una concentrazione solo sulle competenze tecniche attese dal tessuto produttivo esprimo una forte preoccupazione.
Se, invece, significa passare attraverso la valorizzazione di tutte le forme di apprendimento, formale, non formale ed informale, e promuovere anche la maturazione di abilità e competenze per la vita sono d’accordo. E’ indispensabile che studenti e studentesse arrivino ad apprendere come affrontare qualsiasi situazione quotidiana, in ambito di studio, nel tempo libero o nel contesto lavorativo.
Permettetemi, infine, una nota: se l’impostazione didattica di revisione del curricolo è quest’ultima non può escludere il coinvolgimento anche dei percorsi liceali!
Formazione iniziale e reclutamento
Un altro tema centrale nelle Linee programmatiche riguarda i percorsi per diventare insegnante e la modalità di selezione.
Per il Ministro una leva strategica è la cooperazione tra la scuola, l’università e la ricerca su formazione iniziale, formazione in servizio del personale docente, sull’orientamento degli studenti in uscita nella scuola secondaria di secondo grado.
Per poter diventare insegnanti ed entrare nel mondo della scuola, nella maggior parte dei Paesi occidentali sono stati fatti interventi che mettono la scuola al centro delle scelte governative.
L’attenzione del Ministro è rivolta in modo particolare alla formazione dei futuri docenti della scuola secondaria, con un’ispirazione all’articolo 27 del CCNL comparto scuola, dove si elencano le competenze del docente: competenze disciplinari, pedagogiche, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, digitali, valutative, organizzative, relazionali, di ricerca, documentazione e riflessione.
In questo senso la proposta del Ministro integra la preparazione sui contenuti di insegnamenti e sugli approfondimenti teorici con laboratori, tirocinio diretto ed indiretto, attività di ricerca e sperimentazione, accompagnati dalla riflessione.
L’impostazione è chiaramente quella del corso di laurea di scienze della formazione primaria da estendere anche alla formazione del futuro personale per la scuola secondaria.
La proposta dovrebbe tener conto della necessità di maturare anche competenze metodologico-didattiche e psicopedagogiche indispensabili per poter ricoprire il ruolo di insegnante. Rischia, però, di riproporsi a livello accademico la storica diatriba tra i disciplinaristi e pedagogisti, perché per un intervento di riforma in questo senso si renderà necessario sacrificare qualche ora da parte dei disciplinaristi a favore dell’attività dei pedagogisti.
Accanto alla formazione iniziale è indispensabile rivedere anche il reclutamento.
Tema spinoso, oggetto da parte di ogni Governo di interventi che si ritenevano risolutivi. Sono convinta che i due temi, formazione iniziale e reclutamento, debbano essere necessariamente affrontati insieme e non disgiunti. Il motivo è semplice: soluzioni continuamente modificate, che non hanno una visione organica e complessiva, rischiano di ripetere gli errori degli ultimi anni. Per un piano organico e strutturale, che risolva in maniera significativa il problema del precariato, è necessario affrontare insieme il tema di come si diventa insegnanti e di come si accede alla scuola. Inoltre, accanto a rendere strutturale e periodico questo modalità di reclutamento diventa indispensabile avere un quadro chiaro e consapevole delle necessità strutturali di personale che di anno in anno vengono a definirsi, considerando anche l’andamento demografico.
La situazione di precariato è diventata ormai allarmante e il continuo ricambio di personale o la mancanza dello stesso non garantiscono continuità nelle esperienza didattica.
Nel testo presentato si parla anche di formazione continua, come leva strategica per garantire e valorizzare il personale scolastico e per un sistema di formazione in servizio per lo sviluppo professionale e la carriera del personale della scuola, sia come docenti che come ATA.
Anche su questo tema mi permetto una sottolineatura: trattandosi di un tema contrattuale, deve essere oggetto del rinnovo del contratto che dovrebbe essere imminente. La formazione in servizio, oggi, è un diritto/dovere. Alcuni tentativi di renderla obbligatoria per legge ci sono stati: la più recente, la Buona scuola.
Trattandosi di un tema di ricaduta sull’attività lavorativa va affrontato nelle sedi opportune : nel contratto di lavoro! Infatti, la formazione del personale della scuola è indispensabile, non può più essere lasciata solo al diritto-dovere, dal momento che ne va della professionalità di chi vi lavora e va inquadrata come orario di servizio. Così come non possiamo pensare che venga lasciata alla spontaneità delle scelte di ciascuno, proprio perché funzionale alla crescita professionale.
Inoltre, vanno previste forme di carriera, diversi inquadramenti professionali per le diverse figure, superando la logica della mera differenziazione economica tentata e mal riuscita del cosiddetto bonus per la valorizzazione del merito della legge n. 107/2015.
Dal riconoscimento dell’autonomia, vi sono diverse figure professionali che affiancano il dirigente nella realizzazione di attività e dell’offerta formativa di una scuola: sarebbe utile che anziché parlare del merito si parli di carriera e, quindi, di forme di inquadramento differenti.
Peraltro, tali figure potrebbero contribuire nel tentativo dichiarato di rivitalizzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche che ormai ha compiuto vent’anni.
Per questo obiettivo, il Ministro ritiene debbano nuovamente avere un ruolo centrale il Ministero e gli uffici scolastici regionali, quali cabine di regia e di cinghia di trasmissione tra le scuole e strutture di supporto. Diventa, allora, necessario introdurre una razionalizzazione ed una semplificazione normativa per il forte appesantimento burocratico che impedisce alla scuola di liberare energia.
Il Ministro riconosce nella figura dei dirigenti tecnici un punto di riferimento fondamentale come supporto all’autonomia delle istituzioni scolastiche. Si tratta di figure professionali specifiche di riferimento a supporto delle scuole. I numeri attuali dei dirigenti tecnici cono molto esigui, pertanto, sarà bandito un nuovo concorso, in cui tale figura professionale avrà un ruolo chiave nel riqualificare l’azione amministrativa, nell’essere di supporto alla formazione, all’innovazione, alla ricerca e nel garantire azioni di monitoraggio, consulenza e accertamento, rilanciando anche la il sistema nazionale di valutazione.
La governance della scuola
Per dare nuovo slancio all’autonomia scolastica serve rivedere anche la governance della scuola attraverso la riforma degli organi collegiali.
Affermazione molto lapidaria, che non dice nulla delle intenzioni di riforma!
Sappiamo che gli organi collegiali sono vecchi, stanchi e poco coinvolti, anche perché risalgono ai decreti delegati del 1974, periodo di fervente voglia di partecipazione alla vita della scuola. Oggi, sono passati ormai molti anni e gli organi collegiali hanno subito, a loro volta, riforme calate dall’alto. Pertanto, è indispensabile rianimarli e rinvigorirli! anche i vari tentativi di riforma degli organi collegiali sono stati fallimentari. L’importante è che non si intervenga togliendo il ruolo centrale del collegio docenti in termini di scelte e potere deliberante, a favore di un solo ruolo consultivo. Abbiamo già l’esperienza delle scuole paritarie dove gli organi collegiali hanno un ruolo prettamente consuntivo. Il collegio docenti non va svilito del proprio ruolo ma va, piuttosto, promosso un piano di aggiornamento per promuovere una collegialità rafforzata. L’esperienza del lockdown, gli organi collegiali nella DDI, hanno dimostrato come le scelte in emergenza avessero bisogno di un confronto costante con coloro che vivono in prima persona l’istituzione scolastica. Non abbiamo bisogno di sostituire gli attuali organi collegiali ma fare in modo che ritornino ad avere quello spirito di partecipazione consapevole che è indispensabile per una scuola che venga autenticamente riconosciuta come autonoma.
Un nuovo testo unico
La scuola autonomia ha, poi, bisogno di avere chiaro quali siano le norme di riferimento, pertanto, va adottato un Testo Unico delle leggi sulla scuola. La forte stratificazione normativa, dovuta al succedersi di riforme e controriforme dall’ultima versione testo unico (d.lgs n. 297/1994) ad oggi non aiuta. Un nuovo coordinamento delle disposizioni talora contrastanti o di ambigua interpretazione metterebbe un po’ di ordine ed aiuterebbe a fare chiarezza. Il lavoro impegnativo sarebbe il coordinamento formale volto ad armonizzare testi diversi, ed il coordinamento sostanziale, necessario se vanno introdotte nuove disposizioni per aiutare nel rendere intellegibile la norma.
Conclusione
Come abbiamo potuto vedere, le linee programmatiche del ministro Bianchi, presentate a maggio 2021, sono ambiziose e molto impegnative. Sicuramente c’è da registrare il positivo impegno per il rilancio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che ha compiuto 20 anni e non ha raggiunto la maturità che avrebbe dovuto avere.
E’, però, da ricordare al Ministro che ciascuno di questi passaggi deve avvenire attraverso il pieno e consapevole coinvolgimento di tutto il personale che vive e fa la scuola ogni giorno: solo in questo modo, qualsiasi azione venga messa in cantiere potrà raggiungere l’efficacia e soprattutto raccogliere i frutti delle riflessioni di coloro che Vivono e costruiscono quotidianamente il mondo della scuola.
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