I riferimenti principali da cui si evince, direttamente o indirettamente, il tema della relazione educativa che approfondirò di seguito sono i seguenti:

  • DPR 275/1999, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;
  • DPR 235/2007, Patto educativo di corresponsabilità;
  • Le Indicazioni Nazionali e le Linee Guida per il curricolo;
  • Regolamento e Linee Guida Disturbi Specifici Apprendimento (DSA) del 2011;
  • Direttiva Bisogni Educativi Speciali (BES) del 2013;
  • Legge 107/2015, Buona Scuola;
  • D.Lgs. 61/2017, Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale;
  • D.Lgs. 65/2017, Sistema integrato di educazione e istruzione 0 – 6 anni;
  • D.Lgs 66/2017, Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità;
  • Art. 24 CCNL Comparto Scuola 2016/18, La scuola come comunità educante.

Nelle pieghe della norma…

L’ Art. 4 del Regolamento dell’Autonomia Scolastica, che approfondisce la dimensione didattica, sottolinea come diventi centrale per ogni istituzione scolastica promuovere le potenzialità di ciascuno e garantirne il raggiungimento del successo formativo.

Per ottenere tali finalità, i docenti hanno compiti e responsabilità nella progettazione, nell’attuazione e nel monitoraggio/valutazione delle attività di insegnamento.

La relazione educativa diviene aspetto centrale dei rapporti all’interno della scuola. 

In questo senso,  è intervenuto il cosiddetto Patto educativo di corresponsabilità, che nel 1998 attraverso il DPR 249, lo Statuto degli studenti e delle studentesse, è divenuto documento fondamentale sottoscritto contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica da parte dei genitori e degli studenti, in modo da definire e condividere diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.

Per favorire la conoscenza e la responsabilizzazione rispetto a codesti impegni, nell’ambito delle prime due settimane di inizio delle attività didattiche, ciascuna istituzione scolastica propone iniziative volte a promuovere l’accoglienza dei nuovi studenti, la presentazione e la condivisione dello statuto, del piano dell’offerta formativa, dei regolamenti di istituto e del patto educativo di corresponsabilità.

La relazione educativa diventa, pertanto, chiave di volta ed è richiamata anche nella recente revisione del Patto, che sottolinea come la Costituzione assegni alla famiglia e alla scuola la responsabilità di educare e di istruire i giovani, anche attraverso gli organi collegiali e di partecipazione alla progettualità ed ai processi formativi della scuola.

La partecipazione collegiale delle famiglie e degli studenti che contribuiscono alla instaurazione e alla costruzione di un’autentica relazione educativa, rimandano agli artt. 30, 33 e 34 della Costituzione. 

Con il riconoscimento dell’autonomia scolastica…

L’impostazione rivoluzionata dalla riforma Bassanini ha posto al centro lo studente e la studentessa. Infatti, si è reso necessario passare dalla logica dei programmi, prescrittivi nei contenuti e negli obiettivi, alla logica di Indicazioni nazionali per il curricolo, quadro di riferimento, cornice culturale comune entro cui progettare il curricolo di scuola, in ottica di continuità orizzontale e verticale.

Le istituzioni scolastiche si impegnano a formare persone in grado di affrontare le sfide che i nuovi scenari culturali pongono quotidianamente. Il perno attorno cui costruire il nuovo sistema educativo diviene la competenza, ossia la “comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale”.

Assume, pertanto, rilievo “la biografia di ogni alunno, la relazione educativa ed i metodi didattici capaci di attivare pienamente le energie e le potenzialità di ogni bambino e ragazzo”.

La nuova impostazione si rifà alle teorie pedagogiche che riconoscono alla relazione educativa un ruolo centrale nella crescita del bambino, nella logica di Piaget, che attribuisce dinamismo energetico all’affettività (J. Piaget, 1967). 

Tra le scelte organizzative conseguenti vi è anche stato il cosiddetto dimensionamento, che ha sostituito le direzioni didattiche e le scuole medie, istituendo istituti comprensivi: scuola d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado riunite in un unico istituto con la finalità di creare le condizioni per la presa in carico dei bambini dall’età di tre anni e guidarli al termine del primo ciclo di istruzione, inquadrando gli apprendimenti in un unico percorso strutturante.

L’ambiente di apprendimento diviene, così, centrale e spazio – tempo entro cui si gioca la relazione educativa, primo canale per far presa su apprendimenti significativi, sviluppo e crescita. Gli insegnanti, infatti, divengono mediatori e facilitatori, accompagnando gli alunni e gli studenti nella ricerca, nel pensare e nel riflettere. Pertanto, l’organizzazione degli spazi e dei tempi contribuisce al raggiungimento di qualità pedagogica dell’ambiente educativo e deve essere attentamente progettata e verificata.

Legislazione Scolastica

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Nelle Indicazioni Nazionali si chiarisce, infatti come “lo spazio debba essere accogliente, caldo, ben curato, orientato dal gusto estetico, espressione della pedagogia e delle scelte educative di ciascuna scuola. Lo spazio parla dei bambini, del loro valore, dei loro bisogni di gioco, di movimento, di espressione, di intimità e di socialità, attraverso l’ambientazione fisica, la scelta di arredamenti e oggetti volti a creare un luogo funzionale e invitante; il tempo disteso consenta al bambino di vivere con serenità la propria giornata, di giocare, esplorare, parlare, capire, sentirsi padrone di sé e delle attività che sperimenta e nelle quali si esercita”.

Quando si guarda ai bisogni educativi…

Nell’anno 2011 sono di rilevante importanza alcuni documenti ministeriali che prestato particolare attenzione alle esigenze specifiche di apprendimento da parte di alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) e con Bisogni Educativi Speciali (BES) in ottica di inclusione scolastica.

Nella scuola matura la consapevolezza della necessità di elaborare percorsi individualizzati e personalizzati di fronte a tali particolari esigenze educative e di apprendimento. In questo senso, il Piano Individualizzato assurge a strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti, con finalità anche documentale per famiglie, coinvolte nella condivisione delle strategie di intervento programmate. 

E’ evidente che fa da sfondo l’idea di una efficace relazione educativa con gli alunni ed in continuità con le famiglie.

E arrivò la Buona Scuola…

Con la Legge 107/2015, la Buona Scuola, si interviene attraverso le deleghe al Governo su alcuni specifici argomenti che riconoscono la centralità della relazione educativa.

In particolare, con il D.Lgs 61/2017, dedicato alla Revisione del sistema della istruzione e formazione professionale,  il modello didattico proposto è improntato alla personalizzazione educativa, per “consentire ad ogni studentessa e ad ogni studente di rafforzare e innalzare le proprie competenze per l’apprendimento permanente a partire dalle competenze chiave di cittadinanza, nonché di orientare il progetto di vita e di lavoro della studentessa e dello studente, anche per migliori prospettive di occupabilità”.

Il Progetto formativo individuale di ogni studente va redatto dal consiglio di classe entro il 31 gennaio del primo anno di frequenza e aggiornato durante l’intero percorso scolastico.

La base di partenza per l’elaborazione del piano è il bilancio personale che evidenzia saperi e competenze acquisiti da ciascuno in modo non formale e informale, per sottolineare potenzialità e carenze, per motivare ed orientare nella progressiva costruzione del percorso formativo e lavorativo. Figura centrale in tale percorso è il tutor, individuato dal dirigente scolastico, sentito il consiglio di classe: lo stesso sostiene le studentesse e gli studenti nell’attuazione e nello sviluppo del Progetto formativo individuale. La funzione di guida, sostegno ed accompagnamento del tutor fa perno sulla relazione, formalizzata sì attraverso strumenti anche amministrativi in spazi organizzati, ma soprattutto centrata sulla relazione interpersonale, con conseguenti ricadute sulla sfera cognitiva, affettiva ed emotiva (V. Dimonte – L. Garrino, 2008).

Altra delega rilevante discendente dalla Buona Scuola ha prodotto il D.Lgs 65/2017, Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dagli 0 ai 6 anni. La relazione educativa è la dimensione centrale attraverso cui sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, superando anche disuguaglianze e barriere.

In ottica di ulteriore rafforzamento degli interventi inclusivi messi in cantiere negli anni recenti, il D.Lgs 66/2017, volto alla promozione dell’inclusione scolastica degli alunni diversamente abili, ha cercato di  rispondere in modo ancor più efficace ai differenti bisogni educativi. Per riuscirvi si progettano strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno “nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita”. Il progetto di vita va, allora, condiviso tra scuola, famiglia e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio, entro cui si giocano le relazioni educative significative, volte ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti. 

Infine, degno di nota è l’Art. 24 del CCNL Comparto Scuola 2016/2018 , che definisce la scuola Comunità educante:

  1. Ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, la scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, improntata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i princìpi generali dell’ordinamento italiano.
  2. Appartengono alla comunità educante il dirigente scolastico, il personale docente ed educativo, il DSGA e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, nonché le famiglie, gli alunni e gli studenti che partecipano alla comunità nell’ambito degli organi collegiali previsti dal d.lgs. n. 297/1994.
  3. La progettazione educativa e didattica, che è al centro dell’azione della comunità educante, è definita con il piano triennale dell’offerta formativa, elaborato dal Collegio dei docenti, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, nel rispetto della libertà di insegnamento. Nella predisposizione del Piano viene assicurata priorità all’erogazione dell’offerta formativa ordinamentale e alle attività che ne assicurano un incremento, nonché l’utilizzo integrale delle professionalità in servizio presso l’istituzione scolastica. I docenti partecipano, a tal fine, alle attività del collegio nell’ambito dell’impegno orario”.

Qualche riflessione aggiuntiva

Sicuramente, l’analisi condotta non sarà esaustiva di tutti i riferimenti legislativi sul tema, ma lo scopo era selezionare i recenti e significativi approfondimenti che diano riconoscimento giuridico ad un tema di rilevanza pedagogica e didattica.   

Concluderei prendendo in prestito le parole che Daniel Pennac in Diario di Scuola dedica al ruolo centrale del docente, sottolineando sì la forte carica di responsabilità che contraddistingue la nostra professione ma anche e soprattutto l’efficacia determinante di una significativa relazione educativa:

“Gli insegnanti che mi hanno salvato – e che hanno fatto di me un insegnante – non erano formati per questo. Non si sono preoccupati delle origini della mia infermità scolastica. Non hanno perso tempo a cercarne le cause e tanto meno a farmi la predica. Erano adulti di fronte ad adolescenti in pericolo. Hanno capito che occorreva agire tempestivamente. Si sono buttati. Non ce l’hanno fatta. Si sono buttati di nuovo, giorno dopo giorno, ancora e ancora… Alla fine mi hanno tirato fuori. E molti altri come me, Ci hanno letteralmente ripescati. Dobbiamo loro la vita” (D. Pennac, 2013) .