Analizziamo la terza competenza per insegnare proposta da Philippe Perrenoud: ideare e far evolvere dispositivi di differenziazione.
Nell’analizzare questa competenza, Perrenoud ci richiama la necessità di gestire l’eterogeneità all’interno di un gruppo, riconoscendone il valore. Infatti, la differenza e le specificità di ciascuno sono da ritenersi un elemento di ricchezza. Nel nostro Paese, l’attenzione rivolta alle specificità di ciascuno ha avuto un gran fermento riformatore attorno agli anni ’70 con l’approvazione della legge 517 del 77. Con questa legge si è prestato attenzione a quei soggetti che manifestavano difficoltà di sviluppo, di apprendimento, di adattamento e si è cercato di impegnarsi per renderli protagonisti della propria crescita. In questo modo, si è sicuramente fornito uno stimolo al riconoscimento delle potenzialità di ciascuno, anche di fronte a situazioni di difficoltà. Laddove ci fossero difficoltà di apprendimento o difficoltà di varia natura, si deve cercare di individuare le potenzialità, le capacità possedute, perché ciascuno sa fare sicuramente qualcosa.
Questa lettura è diventata il punto centrale che ha favorito l’approvazione della Legge n. 104 del 1992.
Dall’integrazione all’inclusione
Tale visione ha effetti evidenti superando le cosiddette classi speciali e introducendo un nuovo termine: integrazione. Nel corso del dibattito sviluppatosi nel nostro Paese, si è arrivati a parlare di un nuovo termine: inclusione.
Approfondiamo i due termini e la loro portata: parlando di integrazione si interviene sul singolo prima e successivamente sul contesto, mentre parlando di inclusione si interviene prima sul contesto e poi sul singolo. Pertanto, quando si parla di integrazione si richiama una situazione in cui si guarda all’essere dentro, al coesistere, all’essere all’interno, mentre, quando si parla di inclusione, si richiama il fatto di essere dentro ma partecipando, quindi un’ottica di convivenza.
Questo percorso che abbiamo qui sinteticamente descritto e che ha caratterizzato il dibattito pedagogico, culturale e sociale del nostro Paese, ha favorito l’approvazione della Legge n. 104 del 1992 ed ha favorito anche la discussione nei confronti di un recente documento del 2001, la Classificazione Internazionale del funzionamento della disabilità e della salute.
Perché è importante richiamare questo documento? perché in questo documento si riconosce come ciascuno di noi nella quotidianità può incontrare delle difficoltà di funzionamento, che non necessariamente sono difficoltà di persone con una certificazione di disabilità. Infatti, molto significativa ed efficace è la frase seguente: la disabilità non sta nella persona ma nel rapporto tra il cattivo funzionamento della persona (menomazione) ed il suo ambiente di vita. Quindi, ciascuno di noi, nell’attività quotidiana, può incontrare questo ostacolo, questa difficoltà fra sé stesso, il proprio funzionamento e il contesto entro il quale ci si trova inseriti.
Con questa visione è chiaro che anche le situazioni di difficoltà certificata vengono viste in un’ottica completamente rivoluzionata e, soprattutto, mettono in condizione chi deve affrontare il tema dell’apprendimento e, in questo caso il personale docente, a rapportarsi con questa dimensione cercando tutti gli elementi di potenzialità degli/lle alunni/e, studenti /esse.
DSA e BES
In linea con tale visione sono i due documenti seguenti: Legge n. 170 del 2010 e la Direttiva BES del 2012.
Nel primo, la Legge n. 170 si riconosce come ci siano delle forme di difficoltà di apprendimento, i cosiddetti disturbi specifici di apprendimento che, una volta riconosciuti, devono mettere in condizione il docente di aiutare lo studente con strumenti compensativi o dispensativi, ad affrontare le proposte didattiche e quindi raggiungere il proprio successo formativo.
L’altro documento, la Direttiva del Miur del 27 dicembre 2012, sui bisogni educativi speciali, sottolinea come ogni studente/ studentessa nella propria carriera scolastica ma anche nella propria vita possano incontrare dei momenti in cui si manifestano bisogni speciali. È, allora, inevitabile che il docente debba sapere ideare e far evolvere dispositivi di differenziazione e garantire l’apprendimento di ciascuno di questi studenti.
Un ultimo dei documenti recenti, approvato nel 2017 e ancora in attesa di venire pienamente attuato, è il D. Lgs. N. 66/2017, Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità. Particolarmente significativo è il tema del cosiddetto progetto di vita, che coinvolge non solo lo studente e la famiglia ma anche tutti coloro che entrano in contatto con l’alunno, a seconda delle diverse attività che lo stesso svolge.
Tale decreto discende dalla Legge della Buona Scuola ed ha come tema centrale la promozione dell’inclusione scolastica. Con esso sono stati modificati alcuni aspetti della precedente Legge n. 104 del 1992, aspetti riguardanti in particolare i documenti legati alla certificazione dello stato di disabilità ma anche i lavori delle commissioni che fanno capo all’inclusione.
Sostegno integrato
Il secondo aspetto che Philippe Perrenoud sottolinea è praticare il sostegno integrato e lavorare in alunni con gli alunni in grande difficoltà. In questo modo, egli intende richiamare il tema che abbiamo già approfondito all’inizio, cioè superare quella logica di separazione, di allontanamento degli alunni che si trovano in situazione di forte difficoltà o di certificazione di disabilità e fare in modo che gli stessi siano pienamente inclusi all’interno della classe e che quindi possono seguire il percorso di tutti gli altri. In questa ottica, le situazioni di difficoltà di qualche alunno possono diventare occasione di crescita e di responsabilizzazione anche per il resto della classe. Si stimola, così, anche lo sviluppo della cooperazione tra gli alunni e certe forme semplici di mutuo insegnamento, richiamando nuovamente il principio dell’inclusione. Responsabilizzare tutta la classe aiuta gli alunni nell’intraprendere un percorso insieme per migliorare i propri apprendimenti e per cimentarsi nelle proposte didattiche dell’insegnante.
Indubbiamente, nell’analizzare questa competenza Philippe Perrenoud sottolinea come fondamentale per l’insegnante è fare in modo di mettere il ciascuno in posizione ottimale per garantirne l’apprendimento ma soprattutto ci richiama al fatto che l’insuccesso scolastico non è una fatalità. La manifestazione di insuccesso scolastico è determinata da molti fattori e da molte variabili ed è fondamentale che un docente lo sappia perché è inevitabile il suo ruolo nel saper ideare e far evolvere contesti accessibili a tutti.
Per riuscire nel garantire il successo scolastico e formativo di ogni studente un aspetto interessante, che vi invito ad approfondire e che trovate nel testo di Philippe Perrenoud, Le dieci competenze per insegnare, è come viene affrontata la bocciatura. L’analisi proposta inquadra la bocciatura come un tentativo per omogeneizzare la classe, cioè per fare in modo di avere studenti/alunni che siano di livello il più possibile omogeneo, in modo da rendere più facile la gestione dell’attività didattica. In realtà, analizzando a fondo il tema, ci si può rendere conto di quanto questa omogeneizzazione non sia una ricchezza, ma lo è, piuttosto, l’eterogeneità che abbiamo approfondito con la seconda competenza.
Pertanto, saper mettere in campo dei dispositivi di differenziazione, che tengano conto delle potenzialità di ciascuno, anche e soprattutto di chi ha delle difficoltà, anche certificate, può trasformare davvero l’attività didattica in un’occasione di crescita per tutti.
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